giovedì 8 aprile 2010

Il Gallo attraverso gli occhi del suo primo coach

Pallacanestro - Pino Cagnani è stato il primo coach di Gallinari
«Danilo è nato campione: a 10 anni batteva i 18enni nelle gare di tiro da tre»


LODI «Quando Danilo aveva sei anni io passavo a prenderlo tutti i giorni da casa per portarlo agli allenamenti e lo trovavo sempre a tirare sul campetto di casa, non importava che ci fosse il sole o piovesse; Jack invece andava spronato, ma ora ha raggiunto i suoi traguardi grazie alla voglia e all'impegno». Ricordi di Giuseppe "Pino" Cagnani, primo allenatore di due futuri campioni della palla a spicchi lodigiana e mondiale come Danilo Gallinari e Giacomo Devecchi. Autentico fondatore o, se vogliamo, pioniere del minibasket a Borghetto, dove ha iniziato nel 1990 pagando i palloni di tasca sua e "raccattando" sei ragazzini, che nel giro di pochi mesi sono diventati ben 22, Cagnani ha accolto a braccia aperte nella sua scuola di pallacanestro i due futuri professionisti, tornati nel 1995 nel Lodigiano insieme ai genitori. «Danilo fin da piccolo aveva una voglia e una determinazione incredibili - ricorda Cagnani -, tanto da andare a casa del cugino Giacomo e costringerlo quasi a forza a venire agli allenamenti». Cagnani ha curato la crescita dell’attuale capitano di Sassari solo nei due anni di Borghetto, mentre il rapporto con la stella dei New York Knicks è durato anche per due anni nel Basket Lodi (l'ultimo di minibasket e il primo nei Propaganda), oltre che nelle selezioni provinciali e in due camp estivi a Ischia nel 1999 e nel 2000: «Già a 10 anni si capiva che aveva delle grandissime doti e mostrava la sua propensione per le conclusioni dalla distanza - racconta l’ex allenatore lodigiano -, vincendo le gare di tiro da tre contro ragazzi di 17 o 18 anni».Abbandonata temporaneamente la palla a spicchi per motivi personali, l'affetto dei suoi due "pargoli" non è mai venuto meno e il rapporto si è ulteriormente cementato: «Nonostante la loro giovane età Danilo e Jack mi sono sempre stati vicini e così ora ho trovato una scusa per andarli a trovare». Uno a New York, in Nba con la maglia dei Knicks, l'altro a Sassari, in LegaDue: «Li avrei raggiunti anche se avessero giocato in posti meno affascinanti, figurarsi nella "Grande Mela" e in Sardegna», sorride Cagnani. Partiamo dal viaggio in America: «Sono stato tutto il mese di marzo negli States e ho avuto la possibilità, grazie a Danilo, di conoscere veramente e toccare con mano il mondo Nba». Anni luce di differenza... «Sì, è tutto programmato nei minimi dettagli e l'atmosfera è proprio da "viziati": dalle gare agli spostamenti fino alla scansione del tempo degli allenamenti. Ho avuto la possibilità di partecipare a una sessione post partita nello straordinario quartier generale dei Knicks a White Plains, dove ho conosciuto il presidente Donnie Walsh e ho visto dal vivo ben sei partite». Il tutto in qualità di tifoso speciale: «Al "Madison" sventolavo fieramente un tricolore con la scritta "Lodi c'è" e Danilo, appena entrato in campo, mi indicava battendo il pugno sul petto». Gesto d'affetto che non ha potuto replicare al "Boston Garden", meta di una trasferta dei Knicks seguita da Cagnani: «Ci sono andato il 17 marzo in occasione del "Saint Patrick's day", festa davvero folkloristica e a tratti incredibile, tanto che anche a me hanno chiesto un documento per servirmi degli alcolici; ma al palazzetto, che per la ricorrenza era ancora più verde del solito, mi hanno fatto togliere la bandiera, reputata segno d'offesa per gli irlandesi in quel giorno, date le antiche ostilità con gli immigrati italiani». La sera poi, assieme a "Danny boy" («Un ragazzo davvero molto riconoscente - confida -, che per tutto il mese mi ha scarrozzato per New York») tutti a cena al ristorante "Via della Pace": «Quello è il punto di ritrovo di Danilo e di un po' di tutti gli italiani della zona e lì ho avuto l'occasione di conoscere l'ex milanista Daniele Massaro, il play dei Knicks Sasha Rodriguez e il responsabile dei media bluarancio Nick Brown». Veniamo ora alla permanenza in Sardegna: «Sono stato a Sassari una settimana nel novembre scorso e ho trascorso una vita parallela alla squadra, compresa la "Macumba", la loro cena scaramantica di ogni venerdì sera pre partita». Non sarà certo come New York, ma anche Sassari sa farsi apprezzare: «È una città splendida con tutti i suoi carrugi e lì il basket è vissuto in maniera molto più vicina: quando ero in giro con Jack tutti lo fermavano per salutarlo o per un autografo». Chissà in quali città lo porteranno i prossimi talenti che alleverà il mitico Pino.

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