giovedì 29 marzo 2012

Una visita a casa Gallinari

DENVER "Mile High City" un anno dopo. Sono quasi finiti i lavori di sistemazione del "Civic center park", di fronte a "Capitol hill" nella parte est di Downtown, il centro di Denver che abbraccia il flusso tranquillo del traffico e apre ai i colori della "16th Street Mall", la zona pedonale fiancheggiata di negozi e locali. I punti di riferimento principali sono gli stessi anche per Danilo Gallinari, la star dei Nuggets, che dalla "Glass house" dirimpetto al "Commons park", dietro l'area della vecchia "Union station", si è spostato nel cuore di Downtown, di fronte all' "Hard rock cafè". Una sistemazione più confortevole e probabilmente definitiva: il rinnovo contrattuale con i Nuggets dovrebbe fermare per le prossime quattro stagioni nella capitale del Colorado il 23enne campione lodigiano. È passato un anno ma sembra ieri nel tornare a Denver... «Beh, dal punto di vista sportivo la squadra è un po' diversa dall'anno scorso, anche se non cambia l'obiettivo play off - racconta al “Cittadino” il campione di Graffignana, in questi giorni costretto in tribuna nella serie di sette trasferte da ovest a est che segue la striscia di nove "game" casalinghi di marzo -. Personalmente sono maggiormente a mio agio in città, ho più confidenza con tante cose, conosco più posti. I tifosi? Il rapporto è ottimo, mi auguro che continui così, ma riesco a girare tranquillamente». Lo si nota dalla discrezione nell'approccio di chi vuole fare due chiacchiere e una foto per strada o cerca l'autografo in un locale: spesso i gestori predispongono per Danilo un tavolo più appartato. Alla “Chop house” ci scappa pure lo sconto. La "sede" a New York era al ristorante "Via della Pace", Settima Strada quasi all'angolo con la Seconda Avenue. E a Denver? «Non ho un posto preferito, amo cambiare spesso per sperimentare novità. A pranzo, quando non c'è mamma e sono a casa, cucino io. A cena preferisco uscire. Uno dei motivi per cui mi manca New York è proprio la nostalgia di posti come il "Via della Pace", dove andavo sempre». Se Danilo non va al suo ristorante preferito nella "Grande Mela", Giovanni Bartocci, proprietario e gestore del "Via della Pace", va a Denver. «Ci manca molto la sua visita alla fine dell'allenamento per un tiramisù: ha fatto parecchio come giocatore, più di tanti altri. Peccato che ai Knicks ci abbiano capito poco - interviene il vulcanico laziale, che anima le giornate di Danilo al di fuori del "Pepsi Center" -. Ci manca soprattutto come persona Con noi italiani si era creato un grande amalgama, era importante, ci ritrovavamo in lui e con lui. Perderlo è stato un grosso errore. Mi va bene solo per via delle carte: con lui non vinco mai, a scala quaranta è un vero fenomeno». Dalle novità del febbraio 2011 alle maggiori certezze del 2012: il gruppo di fan lodigiani in visita trova Danilo sereno e vitale (disappunto per la frattura al pollice sinistro a parte). Tre partite al "Pepsi", quasi 800 miglia in sei giorni alla scoperta delle bellezze naturali del Colorado. «Siete diventati esperti del Colorado: io ho visto solo le "Red Rocks" finora - sottolinea il “Gallo” -: sono troppo impegnato con il basket. A Denver si sta bene: la città è bella e, anche se differente da New York, ha tutto quello che serve». La visita è utile anche per colmare qualche spazio vuoto della dispensa di casa Gallinari con cibo tricolore, dal salame nostrano ai biscotti Plasmon. Un salto al ristorante di Simone Parisi sulla Tennyson («Uno dei pochi italiani nel Colorado») è l'occasione per una cena dal sapore tipicamente toscano che il gruppo lodigiano gusta in compagnia di Tim Hammond, coach di basket della Gold Crown Foundation, e di sua moglie Kim. Mentre Simone, perfetto padrone di casa, tiene aperto il ristorante oltre l'orario solo per Danilo si scopre qualcosa di più sulle abitudini del campione lodigiano. «I compagni di squadra? Sto bene e lego con tutti, anche se quando siamo "on the road" frequento maggiormente Timo Mozgov (il pivot russo, ndr), Kosta Koufos (il centro greco, ndr), Rudy (Fernandez, l'ala spagnola, il "vicino" di spogliatoio, ndr) e finché era coi Nuggets Nenè (il centro brasiliano finito ai Wizards, ndr). L'Nba è così, ma il nostro diesse sa il fatto suo. Abbiamo perso un pezzo importante della squadra, lavoriamo per risistemare gli equilibri, però ci sono due innesti (Chandler e McGee, ndr) che possono aiutarci a raggiungere l'obiettivo dei play off». Il coach George Karl e il suo staff («Chad Iske è veramente bravo») credono molto in Danilo e lo si capisce chiaramente dalla visione di un allenamento: «Ho più la palla in mano rispetto all'anno scorso, il modo di giocare e il ritmo non cambiano: cerco di dare un valido contributo alla squadra. Gli infortuni? Purtroppo accadono e complicano un po' la stagione: caviglia e il dito sono risolvibili in tempi brevi». Sarai diventato "intimo" con i medici dei Nuggets... «Abbiamo un medico, due fisioterapisti e diversi specialisti che possono essere contattati in caso di necessità. Io li conosco quasi tutti, ultimamente ho visto di più l'ortopedico: purtroppo è ormai quasi un amico». Al "Pepsi Center" l'ambiente è caloroso ma familiare, con tante famiglie che portano i bambini: «È una bella cosa, c'è la possibilità di fargli approcciare il basket dei grandi e stimolarli a seguire questo sport. Il proprietario dei Nuggets Staneley Kroenke? Ci segue sempre, spesso viene nello spogliatoio e parla con tutti noi: è davvero "easy"». Sul parquet parli di più con avversari (bello il saluto di Kevin Durant) e arbitri: «Dopo quattro anni i giocatori mi conoscono e, credo, mi rispettano di più. Gli arbitri? Ho un gran rapporto con loro, sono persone che svolgono il loro compito nel migliore dei modi. Interagiscono pure con Rocky, la nostra mascotte: cose che in Italia non vedremo mai. L'approccio alla partite nell'Nba è totalmente diverso». Chi vedi favorite per l'anello? «Oklahoma e Miami». Il disorso a tavola talvolta prende strade diverse dal basket. A Mariangela interessa di più la sfera sentimentale di Danilo, chiamato a gran voce dalle tifose al momento di tirare i liberi. C'è chi gli chiede di sposare la sorella, o almeno fidanzarsi con lei. Mariangela aggiunge: «Beh, non può mica dire di sì a tutte. È giovane e si deve divertire». Un assist che Danilo (ridendo) non spreca: «Seguo in pieno il consiglio». Dino Mallamaci sottolinea il maggiore spazio dato ai risultati dei Nuggets (e di Toronto e New Horleans) da RadioRai. «Segnale della rilevanza dell'attività di Danilo, oltre che di Bargnani e Belinelli. Danilo contribuisce a tenere alto il nome dell'Italia nel mondo: anche lo sport ha un'importanza specifica. Senti questa responsabilità?». Danilo non esita: «Sì, la sento, è una delle motivazioni che mi spinge a entrare in campo e dare sempre il massimo: è un forte stimolo sapere di poter rappresentare il proprio Paese». Prima del caffè ci vuole una chiusura “alla Marzullo”: fatti una domanda e dai una risposta. Danilo guarda intensamente Giovanni... «Chi vince a scala quaranta? Sempre io». Risata generale del gruppo seduto a tavola, tranne Giovanni che già immagina la posta da pagare. Vale comunque la pena godere della compagnia di Danilo, un ragazzo che, come sottolinea Pietro Della Noce: «...nonostante la fama, il contratto, la popolarità e gli impegni, rimane il ragazzo semplice di sempre. Bravo, continua così». Danilo sorride: «Questa non è una domanda ma un complimento». Sarà per questo che paga lui il conto dell'ultimo pranzo prima di farci riprendere la strada per l'aeroporto dopo una settimana a Denver? Lo scopriremo nella visita dell'anno prossimo... Da "Il Cittadino" del 29 Marzo 2012, pag. 37

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