WILSON CHANDLER a Roma: «Per Danilo e me Denver e Karl sono le soluzioni ideali per crescere. Bargnani non è morbido come dicono» Doveva essere parte del progetto di rilancio di New York e invece Wilson Chandler, presente a Roma al Nba 5 United Tour, si è trovato a metà stagione a Denver, assieme a Danilo Gallinari, nella trade che ha portato Carmelo Anthony ai Knicks. «E' stata per me una vera sorpresa. Donnie Walsh aveva speso parole e mi aveva dato assicurazioni sul futuro. Ma questa è la Nba, questo è il business. Siamo professionisti e sappiamo che cambiare squadra fa parte del gioco e lo accettiamo». Quali sono state le differenze tra le due franchigie? «Giocare a New York non è la cosa più semplice del mondo. C'è grandissima pressione sulla squadra e questa penso sia il motivo per cui non si vince da tantissimi anni. La stampa ed i tifosi pretendono tanto: se perdi sei subito processato ma se le cose vanno bene sei un idolo. Chi sta a New York deve pensare in maniera positiva, altrimenti rischia di essere schiacciato. A Denver c'è un altro clima attorno alla squadra. E questo aiuta a giocare con maggiore tranquillità». E poi c'è stato il passaggio da Mike D'Antoni a George Karl. «Con Mike ho lavorato tre anni. Ci conosciamo bene e con lui ho avuto un rapporto splendido. Il suo basket si basa sull'interessante idea dell'attacco. Qualunque cosa farà in futuro lo seguirò con passione. Con Karl curiamo di più la difesa. Abbiamo trascorso accanto solo il finale di questa stagione. Devo capire cosa bene cosa vuole da me e come vuole inserirmi nei Nuggets del futuro». Però Karl sembra avere le idee chiare nei riguardi di Danilo Gallinari. E' vero che vuole farne uno dei leader di Denver? «Danilo lo merita. Rispetto a New York, in Colorado potrà crescere senza troppa pressione addosso e sfruttare il grande talento che ha a disposizione. Lui può diventare il giocatore di punta, il leader, una superstar. E' un grande, in campo e fuori». Non è l'unico italiano protagonista nella Nba. Ci sono anche Andrea Bargnani e Marco Belinelli. Cosa ne pensa di loro? «Sono tutti ottimi giocatori, con un eccellente tiro. Bargnani è stato criticato, ma non credo sia morbido come qualcuno ha detto. Ha fisico e tecnica per primeggiare. Non mi sorprenderebbe se seguisse la stessa strada che ha percorso Dirk Nowitzki». A proposito si aspettava che l'anello andasse a Dallas? «Sono rimasto sorpreso, no lo nego, anche se i Mavericks hanno giocato molto bene per l'intera stagione puntando molto sulla squadra con Nowitzki che è stato il leader. Ma questo perché il gruppo ne ha esaltato le doti. Non è detto che mettere insieme tante stelle ti faccia per forza vincere, come dimostra Miami. Ma almeno un paio di fuoriclasse, in una squadra che punta alla vittoria, servono». Lei ha lasciato il college dopo due stagioni, per approdare nella Nba. Oggi la crescita nella Ncaa, come dimostra Jennings, non sembra più una priorità. «Non è detto. Ci sono giocatori che hanno bisogno di percorrere tutto il cammino nella Ncaa per sentirsi poi pronti al salto nella Nba. Io quando ho lasciato De Paul mi sentivo pronto, fisicamente e tecnicamente, per farlo e non mi sono pentito. La realtà è che l'età con cui si può essere protagonisti tra i professionisti si è abbassata». Lei è conosciuto come un grande difensore. Chi è il giocatore più difficile da limitare? «Per me rimane Kobe Bryant. Non credo che il suo ciclo, e quello dei Lakers sia esaurito. Lui, Bynum, Gasol sono giocatori che hanno ancora tanto da dire e Mike Brown è un ottimo allenatore». Intanto però la prossima stagione rischia di non partire per colpa del lockout. «Non so cosa accadrà. Io penso solo ad allenarmi al massimo per farmi trovare ancora più forte al via». Torniamo ai tre italiani. Potranno essere il valore aggiunto della Nazionale ai prossimi Europei? «Se arriveranno al pieno della forma, con le loro grandi doti offensive credo che potranno aiutare l'Italia a vincere il titolo».
Articolo tratto da "TuttoSport" del 26 Giugno 2011.
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